Il 2022 è stato ribattezzato come l’anno nero del Mercato finanziario e, quando si è trattato di pensare a quello che sarebbe potuto succedere nel 2023, la maggior parte degli esperti si è subito dimostrata molto cauta prima di azzardare delle previsioni.
Già prima dell’inizio del 2022 ci si aspettava una frenata delle Borse, a causa dell’azione delle banche centrali, che col tempo sarebbe diventata più aggressiva per cercare di combattere l’inflazione e per il contemporaneo rallentamento dell’economia che nelle previsioni veniva pronosticato più accentuato solo nel secondo trimestre dell’anno.
Questa diminuzione soprattutto degli indici azionari era motivata dal fatto che la Fed, la Banca centrale degli Stati Uniti ed organo centrale di coordinamento e controllo del sistema federale della riserva, avrebbe aumentato i tassi di interesse. Del resto è cosa ben nota a tutti che questo istituto, nella sua conduzione della politica monetaria, ha sempre perseguito una linea più flessibile rispetto alla BCE, il cui obiettivo primario è il raggiungimento di un tasso di inflazione non superiore al 2%.
Inoltre era impossibile continuare ad assistere, come si era verificato nel 2021, a prestazioni del Mercato fuori dall’ordinario, con guadagni al di sopra di ogni aspettativa: giova ricordare, per esempio, che, nonostante la Pandemia, in quell’anno, lo S&P ha chiuso 77 volte a livello record, che settori come quello dell’energia e degli immobili hanno avuto guadagni del 40% superiori e che anche il Dow Jones e il Nasdaq sono cresciuti rispettivamente del 19 e del 21%.
Per tutti questi motivi negli ultimi mesi del 2021 e nel gennaio del 2022 le previsioni degli analisti erano state piuttosto divergenti. C’era chi sosteneva che ad esempio lo S&P 500 potesse assestarsi 4.940 punti, in rialzo di circa il 4,5% sopra il livello di fine dicembre, chi lo pronosticava a 5.300 punti, il 12% sopra il livello attuale e chi infine lo prevedeva a quota 4.400, in calo del 6,9%.
La causa era da addebitarsi alla contrazione dei titoli tecnologici come Microsoft, Nvidia, Apple, Alphabet e Tesla che avevano rappresentato circa un terzo dei guadagni dello S&P nel 2021.
Aspettative negative anche per il mercato del petrolio che veniva pronosticato con un rialzo fino a 120 dollari al barile e per quello dell’energia dove si riteneva probabile che la domanda globale potesse tornare ai livelli del pre-coronavirus, ossia a circa 100 milioni di barili al giorno.
Mercato finanziario 2022 Italia
Sulla base di queste previsioni, il mercato finanziario globale e conseguentemente anche quello dell’Italia nel 2022 è stato particolarmente difficile, dove le Borse di tutto il mondo hanno subito perdite considerevoli. I tassi d’interesse più alti hanno inciso negativamente sull’andamento dei prezzi delle azioni: l’aumento del costo del capitale ha scoraggiato le aziende dal chiedere prestiti ed investire per espandere le proprie attività con la conseguenza per gli investitori del ristagno della crescita degli utili.
Con i dati aggiornati alla chiusura di giovedì 29 dicembre, la borsa di Milano ha perso il 12,5% dall’inizio del 2022 e le peggiori performance, tra i titoli principali dell’indice delle 40 società, sono state quelle di Saipem con il -75,2%, Tim con il -49,7% e di Nexi con il -47,5%.
Al contempo a Piazza Affari ce ne sono stati altri che hanno avuto invece degli incrementi come Tenaris (+78,7%), Leonardo (+28,5%) e Banco Bpm (+26,4%) e la migliore azione in assoluto a Milano è stata quella della D’Amico International Shipping con un rialzo nel 2022 pari al 308%.
Se il 2022 è stato un anno difficile per i prezzi delle azioni in generale, e la conferma si è vista nelle performance dei titoli principali, l’aumento dei tassi si è mostrato ancora più duro per i titoli growth, le azioni di sviluppo, e ne hanno fatto le spese tutte le piccole e medie imprese italiane ad alto potenziale di crescita quotate nell’indice FTSE Italia Growth dell’Euronext Growth Milan, il mercato gestito da Borsa Italiana Spa e dal 2020 controllata da Euronext.
In questo segmento sono stati fatti dei passi indietro soprattutto sui volumi e sulla liquidità, con una capitalizzazione che si è assestata sui 10,5 miliardi di euro, rispetto agli 11,5 del 2021 e con un segmento che è arrivato a contare 190 società, di cui 26 nuove nell’anno appena concluso, e 4, nelle 8 totali, sono quelle quotate nel Segmento Professionale.
Rispetto a questo numero di aziende, i settori più importanti sono risultati essere quelli dei beni di consumo voluttuari (26%), gli industriali (20%) e la tecnologia (19%) mentre in termini di capitalizzazione, le sfere d’azione principali sono stati Tecnologia (30%), Industriali (27%) e Beni di consumo voluttuari (14%).
Per quanto riguarda infine i Titoli di Stato, le obbligazioni governative hanno subito un crollo soprattutto negli ultimi mesi, dovuto ovviamente ai movimenti dei tassi che incidono sui valori di corso dei titoli circolanti.
Mercato finanziario 2022 globale
Il 2022 del mercato finanziario italiano è stato il riflesso della tempesta perfetta che si è abbattuta sui mercati a livello globale. Nel corso dell’anno da poco concluso, il mercato ha pagato lo sviluppo di una serie di eventi negativi:
- deterioramento dei rapporti USA-Cina e alle conseguenti guerre commerciali ed a quelle sui dazi,
- Covid-19 ed ai problemi causati alle filiere produttive,
- invasione russa in Ucraina e all’aumento delle pressioni sulle risorse energetiche,
- dimissioni di massa e il calo del tasso di partecipazione dei lavoratori.
Inoltre tutti i Paesi hanno dovuto combattere contro un’inflazione complessiva particolarmente persistente, dei tassi d’interesse in aumento, pericolose aspettative di recessione e, nel Regno Unito, ad un periodo di intensa volatilità frutto delle vicende alterne del governo e delle sue politiche.
Ecco spiegati i motivi per cui l’anno il 2002, per i mercati finanziari è stato il peggiore anno del nuovo millennio, un anno in cui sia il Vecchio Continente che gli Stati Uniti hanno dovuto subire ribassi da record.
A Wall Street non si registrava una performance così negativa dal 2008: nel 2022 l’indice Dow Jones ha perso il 9,2% mentre l’indice tecnologico Nasdaq Composite è crollato del 33,8%.
Anche ai bond non è andata meglio, non vedevano un anno così nero dal 1990 mentre il bund tedesco non aveva quotazioni così basse addirittura dal 1950.
Segni negativi anche per i Titoli di Stato con la Grecia che, con il suo -14,35%, è stato il Paese con il mercato delle obbligazioni governative che ha subito il peggior ribasso, seguita da Olanda e, come già detto, dall’Italia con il -13,69%. Una maggiore resistenza hanno avuto quelli di Spagna (-11,36%), Francia (-10,77%), Portogallo (-10,37%) e Germania (-10,35%) che, seppure con un risultato negativo a doppia cifra, si è collocata come il miglior mercato dell’area euro per i portafogli dei titoli di Stato europei.
Stessa sorte anche per il mercato delle criptovalute che ha subito grandi perdite: il bitcoin è sceso di oltre il 60% del suo valore di inizio anno mentre ancora peggio ha fatto Ethereum con il suo -66%.
Questi dati così sfavorevoli avrebbero potuto essere ancora più negativi, se gli ultimi mesi non avessero registrato un recupero sincrono dei mercati azionari e obbligazionari mondiali, dovuto soprattutto al calo dell’inflazione americana che è scesa a novembre di mezzo punto, alimentando così la speranza che il picco potesse essere ormai alle spalle e che la discesa verso livelli più consoni agli obiettivi della FED diventasse più veloce del previsto.
Pochi i comparti che si sono salvati da questa tempesta, in primo piano le industrie energetiche che, con i suoi profitti da record, hanno beneficiato dei prezzi molto alti del petrolio e del gas, che, ricordiamo, sono stati anche una delle cause principali dell’inflazione.
Insieme agli energetici anche il dollaro si è notevolmente rinforzato nel mercato globale, arrivando a raggiungere la parità con l’euro che non si verificava da 20 anni, una situazione che ha sfruttato l’aumento dei tassi di interesse, la crisi geopolitica nel suolo europeo e la lentezza delle altre banche centrali che ad un certo punto, per salvaguardare le proprie valute domestiche, le hanno dovute ricomprare a sconto sul mercato valutario, vendendo dollari con un alto tasso di interesse.
Infine le ultime asset class che sono riuscite a reggere nel 2022 con performance positive sono stati i titoli delle materie prime come caffè, gas naturale e petrolio che sono stati quelli che si sono fatte apprezzare di più. Una citazione interessante è stata fatta per il succo d’arancia che, secondo gli esperti, sarà la commodity che avrà il maggiore potenziale di crescita, dopo aver segnato +15% nell’anno appena chiuso, anche se potrebbero esserci dei problemi nel reperimento delle forniture a causa di potenziali condizioni climatiche estreme e di possibili nuove malattie delle piante.
Previsioni per il 2023
Visto l’anno appena passato, prima di fare previsioni per il 2023 gli analisti sono molto cauti, anche se tutti danno per scontata una recessione con un atterraggio morbido più negli Usa che in Europa.
E’ infatti forte la speranza che dei dati stabili o in calo possano indurre la Federal Reserve a interrompere i rialzi dei tassi già in questi primi mesi del 2023 ed in molti sono convinti che, per l’inflazione, negli Stati Uniti il carovita oscillerà tra il 3 ed il 5%, a meno che i prezzi dell’energia non aumentino significativamente. Per quanto invece riguarda i Paesi che gravitano nell’eurozona c’è una maggiore incertezza dovuta ad un tema ancora molto caldo perché in essere e soprattutto imprevedibile come la guerra in Ucraina. La speranza è che la sua perdita di consenso in Russia e la conseguente mancanza di motivazioni dell’esercito possano portare ad una sua conclusione a breve termine, magari nella prima metà dell’anno.
Una eventualità questa che potrebbe essere un trampolino di lancio per i mercati e che potrebbe portare l’inflazione a dati più accettabili, rispetto alle previsioni attuali che vedono oscillare il rincaro dei prezzi tra il 5 ed il 10%. Non essendoci ad oggi nessuna certezza, quello dell’inflazione, però, rimane il più grande nodo da sciogliere anche in questi primi mesi dell’anno soprattutto se le banche centrali continueranno a confermare le politiche aggressive mantenute nel 2022, specialmente in Europa dove si dovranno fare ancora i conti con la crisi legata alle forniture energetiche che potrebbero portare ad un rallentamento economico.
Un altro aspetto da tenere presente per la ripresa dell’economia in generale ed in particolare del mercato finanziario è il tasso di disoccupazione, conseguenza diretta del rialzo dei tassi di interesse e di questa forte inflazione che attanaglia tutte le economie globali. Inoltre è da auspicare un rafforzamento dell’euro rispetto al dollaro che ha recitato una parte da protagonista per tutto il 2022 quando il raggiungimento della parità euro-dollaro ha danneggiato notevolmente il mercato azionario americano le cui aziende hanno un fatturato che per oltre il 50% arriva dall’estero.
Nonostante questo contesto non particolarmente brillante, la maggior parte degli analisti prevede comunque una ripresa dei mercati internazionali con Wall Street che dai vari gestori continua a restare la preferita tra le piazze mondiali sulle quali investire, seguita da Cina, Europa e, più distaccati, da Giappone e Asia.
Nel mercato americano ci si aspetta soprattutto una ripresa dei titoli tecnologici che sono stati fortemente penalizzati per tutto il 2022 e che oggi sono tornati ad avere quotazioni decisamente più appetibili mentre in Europa viene auspicato un rilancio del settore bancario e finanziario.
Per quanto riguarda l’Italia e la Borsa di Milano si attende una crescita di Piazza Affari tra il 5 ed il 10% con la maggior parte dei gestori che, secondo Milano Finanza, punterà su titoli importanti come Enel, Unicredit, Reply, Campari, Fineco, Eni ed Intesa Sanpaolo, nonstante siano questi giorni molto difficili per tutto il comparto bancario e finanziario in conseguenza al fallimento di SVB ed alle forti tensioni su Credit Suisse che hanno guidato una forte ondata di sfiducia degli investitori su tutto il comparto.
In Italia come negli altri Paesi dell’eurozona si guarda con molta fiducia anche al comparto obbligazionario che sarebbe pronto, secondo molti, con un orizzonte temporale medio-lungo, a proporre ottime opportunità di investimento, soprattutto nel campo corporate con rendimenti a scadenza del 4-5% per società di ottima qualità o investment grade, che potrebbero salire fino al 7-8% per i titoli high yield o con minore grado di priorità del creditore (obbligazioni subordinate).
Per il mercato delle criptovalute invece i pareri sono contrastanti, alcuni analisti indicano prospettive decisamente negative per bitcoin che subirà un ulteriore ribasso sotto la soglia dei 15 mila dollari, altri invece pensano che il loro andamento dipenderà soprattutto dalla liquidità in circolazione. In questi giorni abbiamo assistito ad un rafforzamento del controvalore delle principali Crypto, probabilmente in risposta alle tensioni sui titoli finanziari. In questo contesto, anche se non è sempre stato così, le Crypto si sono dimostrate un elemento fortemente decorrelato all’azionario.
In qualunque mercato si guardi, comunque tutti gli esperti nel fare le previsioni per questo 2023 sono stati concordi nell’affermare che saranno scelte dagli investitori sia in ambito azionario che obbligazionario solo quelle società dai solidi bilanci, ossia quei titoli capaci di sopravvivere a una recessione.