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Come salvare il pianeta con i superalberi

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Salvare il pianeta con i superalberi è la soluzione trovata da una startup di San Francisco, la “Living Carbon”, contro il surriscaldamento. Uno degli effetti negativi dell’industrializzazione sono le emissioni di CO2, che sono aumentate con l’incremento della produzione industriale e con la presenza di impianti che inquinano e rilasciano una quantità di anidride carbonica superiore a quella naturale.

Negli ultimi anni sono cresciuti gli sforzi per trovare nuovi modelli di produzione industriale e ridurre gli effetti del riscaldamento climatico. Sin dalla prima Rivoluzione Industriale nel 1760 con l’introduzione della spoletta volante e della macchina a vapore che interessò il settore tessile-metallurgico e poi con la seconda, un secolo dopo, con la diffusione dell’elettricità, dei prodotti chimici e del petrolio, la produzione di anidride carbonica è cresciuta a dismisura rappresentando uno dei principali serra oltre che uno dei composti chimici dal maggiore potenziale climalterante.

Questo gas è un elemento fisiologico della Terra in quanto si trova praticamente ovunque nell’atmosfera, nella biosfera e nell’idrosfera e viene generato naturalmente, pensiamo per esempio agli oceani, all’attività dei vulcani, a tutti i processi di combustione spontanea o alla decomposizione nel mondo animale e vegetale.

In certi casi è addirittura funzionale e necessario, ad esempio per la crescita delle piante che assorbono anidride carbonica per poi rilasciare ossigeno, attraverso il processo della fotosintesi clorofilliana.

Questo assorbimento ad opera dell’abbondante vegetazione del nostro Pianeta era riuscito, per millenni, a mantenere stabili e non preoccupanti i livelli di CO2 che, a partire dalla seconda metà dell’800, sono invece cresciuti pericolosamente, rompendo quell’equilibrio che era stato raggiunto con l’aiuto della natura.

Nel 2021 abbiamo raggiunto la soglia record di 419 ppm (parti per milione), 19 punti in più rispetto alla soglia di massima allerta stabilita dal mondo scientifico, senza che le piante riescano a compensarla.

Causa di tutto ciò, nel corso del tempo, è stata l’attività umana che, oltre a utilizzare sempre di più combustibili fossili, ha iniziato a praticare allevamenti e agricoltura intensiva, eliminando così vaste aree di verde, ricche di alberi, magari incendiandole, per far spazio a monocolture o ad attività intensive.

Tutto questo si è tradotto, a livello ambientale, nell’effetto serra con il decremento di biodiversità e con l’innalzamento delle temperature terrestri, che ha provocato lo scioglimento dei ghiacciai e la tendenza alla tropicalizzazione di alcuni climi miti come quello italiano.

Oltre che per il Pianeta, un aumento smisurato del biossido di carbonio è molto dannoso anche per la nostra salute: elevate concentrazioni provocano sindromi respiratorie e problemi gastrointestinali per l’impoverimento della qualità degli alimenti che noi mangiamo e, in caso di alta concentrazione, possono essere causa di malattie vascolari e cardiache o sviluppare neoplasie e tumori.

Ecco perché qualunque soluzione come quella dei superalberi è la benvenuta se riesce a contenere gli effetti disastrosi del CO2 in eccesso.

Superlaberi geneticamente modificati

Quando si parla di superalberi geneticamente modificati, ci si riferisce ad arbusti a cui è stato accelerato il processo di crescita. Fin dalla notte dei tempi, ben prima dell’insediamento umano, gli alberi consumano in maniera naturale anidride carbonica e quindi coltivarli sarebbe il modo più semplice per contribuire a risolvere il problema CO2 in eccesso.

L’umanità però, invece di piantare alberi, ogni anno riesce a disboscare 25 milioni di acri di foresta a causa di incendi, agricoltura intensiva e parassiti. Inoltre, come risultato del cambiamento climatico, la capacità di queste foreste di trattenere il carbonio sta diminuendo sempre di più.

Ecco perché c’è bisogno di avere alberi che siano più forti, più alti e soprattutto che crescano più velocemente, modificandoli geneticamente. La startup di San Francisco, attraverso l’ingegneria genetica, ha eseguito uno studio di modifica su un pioppo che ha sviluppato una massa del 53% superiore ad uno non modificato e questo suo sviluppo così precoce lo porterebbe a rimuovere dall’atmosfera il 27% in più di carbonio.

Una peculiarità di questi alberi è che possono essere piantati anche in terreni poco performanti o degradati come quelli in cui si trovano le miniere abbandonate che hanno elevate concentrazioni di metalli pesanti che altrimenti risulterebbero tossici.

Un altro progetto simile di super alberi era stato portato avanti qualche anno fa  anche in Finlandia, paese in cui il riscaldamento globale ha un grandissimo impatto, dove i ricercatori dell’istituto di risorse naturali hanno iniziato a studiare la creazione di semi più resistenti, nonostante sia una Nazione con il 75% del suo territorio ricoperto da foreste. Il governo finlandese, attraverso queste coltivazioni intensive, vorrebbe azzerare entro il 2035 le emissioni di CO2 nel proprio territorio e si è prodigata nel convincere gli altri stati membri della Comunità Europea ad attuare un piano comune d’azione, per proteggere e ripristinare le foreste nel mondo.

Nell’attesa che questi progetti vadano a buon fine, ricordiamo che la natura comunque continua a venirci incontro nell’assorbimento dell’anidride carbonica: esistono infatti alcune tipologie di alberi che catturano quasi 4000 chili di CO2 nell’arco di trent’anni e che bloccano le polveri sottili PM10 che, secondo l’Agenzia europea dell’Ambiente, provocano ogni anno circa 80.000 morti premature e che abbassano la temperatura dell’ambiente circostante durante le stagioni calde.

Sono i cosiddetti alberi antismog perché combattono l’inquinamento nelle città: l’Acero Riccio, la Betulla Verrucosa, il Ginko Biloba, il Tiglio Nostrano, il Bagolaro e il Frassino Comune sono solo alcuni esempi di alberi che catturano dai 3,8 ai 2,8 tonnellate di CO2 in 20 anni.

Un discorso a parte merita infine un super albero che ha la capacità di assorbire una quantità di anidride carbonica dieci volte superiore rispetto agli altri, producendo un tot di ossigeno 4 volte maggiore. Questo albero, dalle meravigliose capacità filtranti, ha origini asiatiche (soprattutto Giappone e Cina) ed è stato importato per la prima volta nel mondo occidentale nel 1800: il suo nome è Kiri o Albero Imperatrice.

Usata come pianta ornamentale sia negli spazi pubblici che in quelli privati, per la sua chioma piena di fiori lilla o rosa, che sono un ottimo nettare per le api, la Paulownia, questo il suo nome scientifico, ha come peculiarità quella di svilupparsi in maniera molto rapida, arrivando nel giro di 3 anni a crescere fino 20 metri di altezza.

Il suo legno forte e flessibile viene utilizzato nella produzione di mobili, componenti edilizi, oggetti e strumenti musicali mentre le foglie ed i fiori sono utili per ricavare medicinali e anche mangime per il bestiame. Quest’albero, che è diventato un po’ il simbolo della lotta contro il cambiamento climatico e il riscaldamento globale, non solo depura l’aria ma ha anche la capacità di “ripulire” il terreno in cui viene piantato e di intercettare moltissime polveri grossolane.

Chi sono gli scienziati dei superalberi

Gli scienziati della Living Carbon, che ha la sua sede centrale a San Francisco in California e che è stata fondata nel 2019, sono la biologa Maddie Hall, il CTO Patrick Mellor, Yumin Tao e Jake Cacciapaglia. 

Maddie Hall ha trascorso diversi anni nella gestione dei prodotti e negli investimenti in startup, guidando progetti speciali presso Open AI e prima ancora presso Y Combinator, trascorrendo un anno come scout a Sequoia Capital.

Mentre Patrick Mellor che ha una formazione in paleobiologia e botanica, concentra in maniera approfondita il suo lavoro sulla genetica delle piante.

Yumin Tao, ha trascorso oltre un decennio in DuPont e ricopre il ruolo di vicepresidente delle biotecnologie e Jake Cacciapaglia, ha guidato lo sviluppo del business nel settore delle biotecnologie e, nell’azienda, è il responsabile della commercializzazione.

I due fondatori si sono incontrati per la prima volta nel 2019 ad una conferenza, dove ognuno ha scoperto a cosa stesse lavorando l’altro: Maddie era intenta ad esplorare il miglioramento della fotosintesi e Patrick, invece, stava lavorando sulla resistenza alla decomposizione. Si sono subito resi conto che le rispettive aree di interesse erano compatibili e rappresentavano un’opportunità irresistibile per unire le forze ed affrontare il cambiamento climatico; hanno così fondato Living Carbon.

Questa startup è un’azienda biotecnologica che si è focalizzata, utilizzando l’ingegneria genetica, nel progettare alberi più durevoli ed a crescita più rapida, a beneficio sia del clima che dei proprietari terrieri.

Ha sviluppato delle tecniche particolari che migliorano un processo che si trova spontaneamente in natura, noto come iperaccumulo, e che consente agli alberi di assorbire dal suolo dei metalli, come nichel e rame. Questi metalli non solo aumentano la durata del legno dell’albero ma funzionano anche da fungicida che rallenta la loro decomposizione.

Queste proprietà garantiscono una riduzione del rilascio di CO2 quando l’albero muore e viene utilizzato come legno. Inoltre, l’azienda applica una modificazione genetica che rende più evoluta la fotosintesi, migliorando la scomposizione di una delle tossine prodotte da quel processo.

E’ in questo modo che gli alberi conservano più energia e che consente loro di catturare un livello più elevato di CO2.

Con i risultati ottenuti dallo studio del pioppo modificato che, ricordiamo, non è stato ancora sottoposto a revisione paritaria, la Living Carbon conta di piantarne quattro milioni entro il 2023 e di raddoppiare ogni anno la superficie di alberi piantati, in modo da riuscire a rimuovere dall’aria 604 milioni di tonnellate di carbonio in più entro il 2030.

Un progetto è sicuramente molto ambizioso ma ha già aizzato il fronte degli scettici che hanno iniziato a domandarsi se questi alberi non possano rivelarsi invasivi e non vadano a compromettere l’ecosistema. 

Giulio Benvenuti
Sono fondatore di un hedge fund e fornisco consulenza sulla creazione e sviluppo di hedge fund e veicoli d’investimento con sottostante finanziario, real asset e private Equity / Venture Capital.

Dopo aver lavorato diversi anni in due tra le principali reti di consulenza finanziaria in Italia, ho avviato un attività in proprio fornendo in modo indipendente advisory finanziaria e specializzando le mie competenze negli hedge fund.
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