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Chuck Feeney il miliardario che voleva morire povero

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Chuck Feeney, il miliardario che voleva morire povero, non lo conoscono in molti eppure la sua è una storia bella ed emozionante che ci fa fare pace con la vita. 

Forbes ha definito quest’uomo come il “James Bond della filantropia”, un uomo che, attraverso la sua fondazione, ha donato 8 miliardi di dollari. 

Un patrimonio investito a sostegno del mondo dell’istruzione, per la sanità pubblica e speso per cause civili e sociali. 

Tutto senza pubblicità, senza far parlare di sé, ma compiuto nel totale anonimato. 

Feeney  fin da bambino è sempre stato un gran lavoratore a cui non è mai mancato  lo spirito caritatevole, trasmesso dalla famiglia.  Suo padre aiutava gli sfortunati con i Cavalieri di San Colombano e sua madre era una volontaria della Croce Rossa

Altra fonte di ispirazione nella sua vita fu la lettura dell’autobiografia di Andrew Carnegie che divenne un modello da seguire.  

Anche lui era partito dal basso ed era diventato ricchissimo ma soprattutto, come scrisse lui stesso, dopo aver passato la prima parte della sua vita ad accumulare denaro nella seconda si era dedicato alle attività filantropiche, finanziando la costruzione di musei, università e di 2.509 biblioteche. 

Le parole di Carnegie furono per lui una sorta di illuminazione e iniziò a pensare che, visto che quando si muore il denaro non si può portare con sé, era molto meglio “dare vivendo”, nel senso che “era molto più divertente utilizzare i propri soldi per fare beneficenza da vivo che non finanziare una fondazione dopo morto.

Solo così era possibile vedere anche i risultati delle tue azioni”. Questo concetto del Giving While Living, dona finché sei in vita, diventerà fonte di ispirazione per Bill Gates e Warren Buffett che lanciarono nel 2010 il Giving Pledge, una campagna per spronare le persone molto facoltose a donare almeno la metà della loro ricchezza, come avrebbero fatto loro, a progetti filantropici prima della loro morte.

La storia di Chuck Feeney

Per comprendere bene la storia di Chuck Feeney, dobbiamo partire dalle sue origini e dai passi della sua vita che ne forgiano il carattere e tutte le azioni seguenti. 

Nasce nel 1931 a Elizabeth, capoluogo della Contea di Union nel New Jersey da una famiglia irlandese-americana in cui il padre era un assicuratore e la madre un’infermiera. 

Sin da bambino iniziò a lavorare per dare un aiuto economico alla famiglia, spalando la neve e vendendo biglietti di Natale. 

Si diploma alla St. Mary of the Assumption High School, partecipa alla Guerra di Corea dove per quattro anni è un operatore radiofonico per l’intelligence dell’aeronautica americana. 

Dopo la fine della guerra, si iscrisse, primo componente della sua famiglia, alla Cornell University di New York, grazie ad un fondo statale, il GI Bill, che dava la possibilità ai veterani di guerra di poter studiare. 

Anche lì, oltre allo studio, continuò a lavorare, vendendo panini agli altri studenti e per questo era soprannominato “l’uomo dei panini”. 

Lì conobbe Robert Warren Miller con cui, dopo la laurea, partì per l’Europa dove iniziò a vendere automobili e alcolici duty free, senza imposte, ai militari statunitensi della flotta navale di istanza nel Mediterraneo. 

Fonderanno insieme nel 1960 la Duty Free Shoppers Group, la DFS, che, da Hong Kong dove nasce, si espande prima in Europa e poi negli altri continenti fino ad arrivare alle Hawaii dove si assicura la concessione esclusiva per le vendite duty-free, e commercializza i suoi prodotti ai viaggiatori giapponesi che avevano iniziato a spostarsi in tutto il mondo.

 Questi primi anni ‘60 segneranno un vero e proprio boom delle vendite duty free e anche la DFS si ingrandirà sempre più, aprendo negozi sia dentro che fuori dagli aeroporti di tutto il mondo e portando così enormi guadagni a entrambi i soci. 

Per capire la portata del fenomeno duty free, basti pensare che nella metà degli anni ‘90 la DFS porterà profitti ai due soci, a cui nel tempo se ne aggiunsero altri due di minoranza, ben 300 milioni di dollari. 

Negli anni ‘80, Feeney e la sua prima moglie Danielle, che aveva sposato nel ‘59 e da cui divorzia nel 1993, iniziarono ad investire il denaro, comprando ville negli Stati Uniti e in Costa Azzurra e case in molte altre località in giro per il mondo. 

Ma più diventava ricco, più si sentiva a disagio con la vita che faceva: lo yacht, le ville, le cene in smoking e gli altri eventi mondani lo rendevano inquieto ed a disagio. 

Aveva paura che i suoi cinque figli sarebbero cresciuti con poco senso del dovere e che il denaro li avrebbe rovinati. Era soprattutto preoccupato che la sua ricchezza potesse far diventare i suoi figli un ambito bersaglio di rapimenti, un evento non raro in quegli anni in Europa. 

Nel 1982 fondò The Atlantic Philanthropies, una fondazione filantropica e, dopo aver donato alla moglie 100 milioni di dollari e le proprietà private della famiglia, trasferì in essa tutte le azioni in suo possesso della DFS, senza neanche avvisare i soci e continuò la sua attività di beneficenza anonimamente fino al 2020, quando chiuse la fondazione perché ormai aveva centrato il suo obiettivo, donare il suo intero patrimonio. Una fondazione che nel corso degli anni aveva aiutato a crescere economicamente, investendo proficuamente in aziende come Alibaba, Facebook e E-Trade.

Cosa ha fatto in sostanza?

Ora ti spiego in che cosa è consistita l’attività filantropica di Feeney e verso chi è stata indirizzata. 

Fino al 1997 anno in cui ha venduto la sua società per 1,63 miliardi di dollari in contanti alla multinazionale francese Louis Vuitton Moët Hennessy, Feeney ha praticamento condotto una doppia vita, da un lato era il ricco uomo d’affari che aumentava sempre di più le sue sostanze e dall’altro faceva attività anonima di beneficenza. 

Anonimato che non riuscì più a conservare proprio con la vendita della società quando i suoi soci appresero che i suoi profitti non andavano sul suo conto personale ma nella fondazione che aveva creato e fu così costretto a rilasciare un’intervista al New York Times dove ammise che c’era lui dietro The Atlantic Philanthropies. 

Non voleva che si sapesse perché non voleva meriti, né che i 200 palazzi che aveva fatto costruire portassero il suo nome. Rispetto ad altri filantropi, Feeney era sempre in giro per il mondo, cercando buone cause e per rendersi conto di persona di quali dovessero essere i progetti su cui investire. 

Visitò e finanziò scuole, università, centri di ricerca, ospedali e tutte quelle associazioni per i diritti umani che avevano bisogno di essere sostenute ed implementate. 

Riuscì a coinvolgere anche i governi affinché lo affiancassero nelle donazioni così da moltiplicare le cifre da investire. Visto che anche lui era riuscito a laurearsi grazie ad una borsa di studio, fece la gran parte delle sue donazioni nell’ambito dell’istruzione in tutto il mondo, con un occhio particolare all’università in cui aveva studiato e all’Irlanda. 

Il resto degli 8 miliardi donati, invece, furono destinati alla ricerca e alle cure con farmaci salvavita nella lotta all’AIDS in Africa oppure al sostegno e allo sviluppo dell’assistenza sanitaria e della salute pubblica in Vietnam. I suoi slanci filantropici non furono solo in giro per il mondo ma il suo impegno fu intenso anche negli Stati Uniti dove cercò di sostenere e migliorare il sistema sanitario, combattendo per ridurre il numero dei bambini senza assicurazione sanitaria e per l’abolizione della pena di morte minorile. 

Non si dimenticò neanche delle sue origini irlandesi e, come svelato dal New York Times, nei primi anni ‘90 incontrò in gran segreto a Belfast, le forze paramilitari, promettendo loro sostanziosi finanziamenti se avessero sospeso le azioni di guerriglia armata e si fossero impegnati politicamente.

Oggi Chuck Feeney vive in un appartamento modesto e in affitto a San Francisco con la seconda moglie e ha tenuto per sé solo 2 milioni di dollari per invecchiare serenamente. 

Se ci pensiamo ha dato in beneficenza una quantità di denaro 4000 volte superiore a quella che ha tenuto per lui, chapeau!!!

Giulio Benvenuti
Sono fondatore di un hedge fund e fornisco consulenza sulla creazione e sviluppo di hedge fund e veicoli d’investimento con sottostante finanziario, real asset e private Equity / Venture Capital.

Dopo aver lavorato diversi anni in due tra le principali reti di consulenza finanziaria in Italia, ho avviato un attività in proprio fornendo in modo indipendente advisory finanziaria e specializzando le mie competenze negli hedge fund.
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